L’Italia: La doppia faccia della blockchain

È stato attribuito valore legale agli smart contract e una definizione alla tecnologia Blockchain, ma come accennato in un articolo precedente, quest’ultima ad oggi può esser una vera e propria arma a doppio taglio.

 

La normativa sul GDPR prescrive dall’art. 12 all’ art. 21, che: 

 

  • I dati sensibili debbano essere preservati per un tempo limitato;
  • Che il proprietario di tali dati debba esser a conoscenza di chi sta manipolando tali informazioni sensibili;
  • Che il soggetto possa in qualsiasi momento negare l’accesso ai dati o di eliminarli. 
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Ma la Blockchain permette tutto questo? 

 

Attualmente no. I registri distribuiti sono totalmente trasparenti, tanto da rendere i dati ivi conservati, fruibili a chiunque, il che spinge tale tecnologia contra legem.

 

Ma non è l’unica nota stonata, è infatti impossibile determinare un termine di scadenza di conservazione di tali dati all’interno della Blockchain, dato che ad oggi caratteristica di quest’ultima è l’indeterminatezza dei tempi di archiviazione, il che costituirebbe un illecito.

 

Due aspetti critici, a fronte degli enormi vantaggi che tale tecnologia potrebbe apportare al mondo della tutela della privacy.

 

L’utente, proprietario dei dati, attraverso tale tecnologia sarebbe in grado di sapere chi sta manipolando le informazioni; nel momento in cui questo avvenga senza alcun consenso, sarebbe un gioco da ragazzi per gli organi competenti identificare le generalità di chi ha commesso il reato.

 

Insomma, come ogni tecnologia in fase di rodaggio, sono necessari accorgimenti tecnici, che potrebbero di fatto migliorarne l’esperienza di utilizzo. La J.P. Morgan, sta testando la tecnologia basata su Ethereum con il protocollo interno zero-knowledge proof (ZKPs). Quest’ultimo consente all’utente di utilizzare le proprie informazioni e di dimostrare la correttezza delle dichiarazioni senza divulgare i dati. Questo approccio è progettato per aumentare il livello di privacy e sicurezza nella rete, che lo distingue da molte altre tecnologie.

 

È di questi giorni il lancio di una nuova applicazione con cui l’utente può trarre profitto in base al numero di informazioni che lascia manipolare alle aziende che lo richiedono. Singolare ma di certo non una novità, se non per il fatto che è lo stesso proprietario a trarne guadagno.

 

Sareste disposti a vendere i vostri dati personali per trarne un profitto? 

 

La risposta potrebbe non essere scontata visto che molti di voi lo fanno già, ma gratuitamente.

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Bitcoin / BTC

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