Italia: La Consob regolamenta le ICO e gli exchange
Mentre il Governo pensa ai minibot, proprio ieri bocciati dal Ministro dell’Economia Tria, la Consob compie il primo passo per la regolamentazione delle Ico.
Chiusa la consultazione pubblica indetta il 19 marzo scorso, volta alla regolamentazione delle “Initialò Coin Offering” a livello nazionale.
La natura e la funzione dei token, gli asset digitali offerti con le ICOs, e la loro offerta al pubblico inducono similitudini con strumenti finanziari o prodotti finanziari, avvicinando le ICOs alle raccolte di capitali coperte dalla riserva di legge e quindi dalla disciplina dei servizi e attività di investimento, del prospetto informativo nonché della promozione e del collocamento a distanza.
Da qui l’intervento della Consob che, al fine di garantire la tutela dell’investitore, ha inteso disegnare una sand-box, in deroga al sistema regolamentare ordinario dei prodotti finanziari che, in presenza di tutta una serie di elementi, potrebbe garantire una disciplina semplificata. Il condizionale ad oggi è d’obbligo dal momento che il Regolatore subordina a un meccanismo facoltativo di opt-in l’accesso all’impianto regolamentare da parte delle società emittenti e delle piattaforme di offerta e di scambio.
Ma il mondo delle ICO non finisce qui, infatti la Consob cerca di ampliare la gamma delle offerte delle piattaforme di crowdfunding con le cripto-attività. L’idea è sicuramente funzionale dal momento che le piattaforme di crowdfunding già vigilate in base al Regolamento 18592/2013 potrebbero rappresentare un naturale referente. Tuttavia, occorreranno degli aggiustamenti che conciliano l’attuale ruolo di intermediari tradizionali con esigenze specifiche (es. gestione dei wallet) e la tecnologia blockchain implicita nella creazione e offerta di cripto-attività. Qualche dubbio, invece resta, nell’applicare tout court agli operatori di piattaforme di ICOs la normativa in materia di crowdfunding, che presenta delle sue peculiarità.
Ma la febbre della regolamentazione non finisce qui, infatti l’ente regolatore non nasconda la volontà di regolamentare anche gli exchange, quali operatori del mercato secondario, imponendo una stretta correlazione tra queste e le piattaforme di offerta. Però attenzione perché tale scelta può non risultare consona visto he la negoziazione o negoziabilità non costituisce un carattere intrinseco delle cripto-attività e che finisce per escludere la possibilità per promotori dell’iniziativa/emittenti (in Italia) di richiedere l’ammissione a negoziazione delle proprie cripto-attività presso un sistema di scambio estero con un impatto molto restrittivo ai danni di un mercato che per definizione è globale.
L’esigenza nasce dalle importanti cifre che tali mercati e piattaforme muovono nell’ombra, come qualcuno si diverte a dire, cosa che personalmente ritengo deleteria non solo perché superficiale affermazione ma anche perché credo che ad essere stravolta più che la normativa dovrebbe essere la mentalità. Tali tecnologie possono risultare non solo utili alle grande aziende, inclusi gli Stati, ma anche e direi soprattutto, alle piccole imprese che soprattutto nei Paesi a crescita prossima allo zero, potrebbe risultare un valido strumento di crescita finanziaria.